mercoledì 1 luglio 2015

La comunità salva le vite I processi inutili la uccidono

La comunità salva le vite I processi inutili la uccidono

Centro di eccellenza, esce dalla Legacoop e iniziano i guai: 47 visite dei Nas e denunce finite nel nulla, ma l'attività ormai ha chiuso. E tre ex ospiti sono morti per droga
 Dom, 19/10/2014 - 09:49

C'era una volta una coop sociale che rappresentava un'eccellenza per l'Italia centro-meridionale. Si chiamava Cearpes, sede a Sambuceto (Pescara), accoglieva ragazzi con gravi disagi, malati psichiatrici, tossicodipendenti, persone abbandonate.

Convenzionata con l'ospedale Gemelli di Roma e la clinica psichiatrica di Chieti, aveva oltre cento dipendenti e una cinquantina di ospiti in due strutture abruzzesi, a San Giovanni Teatino e Catignano.
Un brutto giorno di nove anni fa si aprirono le cateratte della giustizia italiana: ispezioni, indagini, sequestri, processi sommati a invidie e calunnie. Ora la vicenda è chiusa con assoluzioni per tutti. Nessuna delle accuse ha retto. Ma non hanno retto nemmeno la coop (azzerata), i lavoratori (rimasti a piedi) e gli ospiti, sballottati tra altre comunità e le carceri. Tre di loro, tossicodipendenti avviati al recupero, sono morti per overdose. Condannati dalla malagiustizia, senza sentenze e senza appello.

La Cearpas (Centro aggiornamento ricerche pedagogiche, economiche e sociali), fondata nel 1986 e iscritta a Legacoop, fatturava 5 milioni di euro. Era considerata un modello, nel 2003 fu visitata anche da Massimo D'Alema e Livia Turco. Quando cominciarono le ispezioni, l'anno dopo, il presidente Dominique Quattrocchi chiese una mano a Legacoop Abruzzo. Gli fu risposto che doveva sottostare a una coop sociale di Reggio Emilia sua concorrente. Quattrocchi si rivolse alla Cgil, ma l'allora segretario regionale del sindacato rosso pretese 40 tesseramenti e l'assunzione del figlio.
Il povero Quattrocchi assunse il giovane e altre due persone segnalate da Legacoop, ma non fece le tessere. In un clima pesantissimo, Cearpes lasciò Legacoop per iscriversi a Confcooperative. Franco Leone, leader della Cgil abruzzese denunciò presunte irregolarità e inadempienze e fu controdenunciato per minacce ed estorsione. E giunse la mazzata: nel maggio 2005 due minori che sostenevano di aver subito maltrattamenti vennero tolti alla comunità. Scattarono nuove ispezioni e perquisizioni. Sul registro degli indagati furono iscritti 19 tra responsabili e dipendenti della coop per sequestro di persona e maltrattamenti. Gli ospiti vennero trasferiti e la coop svuotata.
Nell'arco di un anno si contano 47 visite tra Nas di Pescara, carabinieri di Rosciano, ispettori del Lavoro e delle Finanze. Quattrocchi si difese sventolando i protocolli sanitari: le cinghie di contenzione dovevano evitare gesti di autolesionismo e gli psicofarmaci erano previsti dalle terapie psichiatriche dei policlinici.
«Che cosa dovevamo fare per immobilizzare un giovane schizofrenico che cercava di tagliarsi le vene?», si chiese il manager.
Nel settembre 2006 vengono rinviati a giudizio 32 tra responsabili e operatori della coop con accuse gravi: maltrattamenti, violenze fisiche e psichiche, minacce, lesioni, sequestro di persona, abuso di autorità e di relazioni domestiche. Per non interrompere il servizio, l'attività di Cearpes viene ceduta alla Lilium Onlus (che la gestisce tuttora). Nel pieno della bufera mediatico-giudiziaria, Quattrocchi e il presidente della Lilium vengono anche rinviati a giudizio per bancarotta fraudolenta. Indotta dalle indagini.
L'assoluzione per la bancarotta è del 2013: per la Corte d'appello di Pescara il fatto non sussiste. Alcuni mesi fa anche il Tribunale di Pescara ha assolto con formula piena i 32 indagati per le presunte violenze: non erano maltrattamenti ma l'applicazione dei protocolli per malati psichiatrici. Quattrocchi è uscito assolto da 16 processi: «Non sono un appestato – dice – e la mia comunità, che accoglieva gente rifiutata da tutti, non era un lager».
Tutto bene ciò che finisce bene? No. Per 26 ragazzi si è interrotto il percorso di recupero. Quattro sono finiti in carcere per vari reati e altri dieci inseriti in strutture di contenimento. Cento dipendenti hanno perso il posto: 12 di essi erano in reinserimento, sette hanno ripreso a drogarsi, tre sono morti di overdose. Otto milioni di euro di patrimonio perduti. Un'odissea ora trasformata in uno spettacolo di denuncia realizzato da Milo Vallone intitolato «Nove petali di loto», che sarà presentato in anteprima mercoledì 22 al teatro Massimo di Pescara e arriverà a Milano il 18 novembre.

"Nove petali di Loto" al Teatro sala Fontana di Milano Debutta la pièce ispirata al caso Cearpes, la Onlus che accoglieva minori con disagi comportamentali chiusa per un caso di malagiustizia

"Nove petali di Loto" al Teatro sala Fontana di Milano

Debutta la pièce ispirata al caso Cearpes, la Onlus che accoglieva minori con disagi comportamentali chiusa per un caso di malagiustizia





Martedì 18 novembre al Teatro Sala Fontana di Milano debutta “Nove Petali di Loto”, l’opera di cine-prosa di Milo Vallone e Luca Pompei liberamente ispirata al "Caso Cearpes", la realtà abruzzese che contava 90 dipendenti, 50 ospiti e 5 milioni di fatturato e azzerata dopo 9 anni di processi chiusi con assoluzione con formula piena da tutte le accuse di 32 imputati.



A tutela di tutte le vittime è nata l’associazione Amici di Cearpes Onlus che hanno sostenuto la creazione di uno spettacolo che affronta i temi scottanti del potere, della relazione con le istituzioni, dei rapporti tortuosi tra chi agisce e chi gestisce. Il calvario umano, professionale e giudiziario di un uomo e dei suoi amici/soci alle prese con un lavoro difficile (occuparsi di minori con problemi socio-comportamentali), a contatto quotidianamente con ragazzi che vivono tra leggi che non esistono e strutture carenti.

Una pièce che si colloca nell’ambito della tradizione del teatro civile italiano, per far conoscere un caso paradossale e accendere così i riflettori sulla schizzofrenia, su come la si cura, sulle professionalità necessarie e sulle autorità chiamate a riconoscerle e a tutelarle. Un progetto culturale che intende rappresentare un grido, una denuncia.

Il caso Cearpes
"La nostra struttura era un punto di riferimento in Italia per l’accoglienza di minori con gravi e gravissimi disagi socio-comportamentali. In pochi giorni siamo diventati degli orchi, un’associazione a delinquere ed i segni di un calvario giudiziario ed umano durato 9 anni, pure con la completa assoluzione di tutti gli imputati, ci sono rimasti impressi sulla pelle" spiega Dominique Quattrocchi, fondatore della cooperativa. "Nessuno si è preso la briga di chiedere scusa per un errore giudiziario che ha messo in ginocchio 70 famiglie per bene e aumentato a dismisura le difficoltà dei ragazzi nostri ospiti. Ed ora che abbiamo ottenuto giustizia crediamo di avere il dovere di raccontare la nostra storia e di chiedere una completa riabilitazione dei nostri nomi, del nostro passato, del nostro lavoro. Ancora una volta occorre poi sottolineare come, oltre a noi operatori, sono stati loro, i ragazzi, le vittime di una macchina del fango che ha spazzato via la struttura che li ospitava, li ha costretti a tornare al loro disagio, in circostanze percepite come ostili, creando loro ansia e fomentando la sensazione di inadeguatezza e insicurezza che li aveva condotti verso la necessita di un’assistenza".

Lo spettacolo
80 minuti, 6 attori in scena ed un progetto tra cinema e teatro che vede la firma dell’attore e regista Milo Vallone e di Luca Pompei. "Nove petali di Loto è un testo di fantasia, liberamente ispirato ad una storia vera" spiega Vallone, regista, attore e coautore di questa pièce della memoria. "Già nel titolo c’è la metafora che vogliamo raccontare: il fiore di loto è un fiore bellissimo ma la sua esistenza non è così facile. Quando inizia a germogliare, si trova sotto l'acqua sporca di laghi o piccoli stagni, circondato da fango e melma e tormentato da pesci e insetti. Ma il fiore di loto si fa forza e, crescendo, sale verso la superficie dell’acqua. Col tempo lo stelo continua ad allungarsi e il baccello lentamente emerge dall’acquitrino. È allora che il loto comincia ad aprirsi, petalo dopo petalo, nell’aria pulita e nel sole. Lo spettacolo segue il progetto CineprOsa, un modello di realizzazione che vede l’incontro e l’intreccio tra i linguaggi teatrali e quelli cinematografici, ne nasce così un vero e proprio cine-spettacolo che vede un continuo rimbalzo narrativo tra palco e schermo". 

Un affresco drammatico, liberamente tratto da una vicenda che ha fatto scalpore e
continua a farlo per l’evidenza di quegli elementi di malaffare, di superficialità e violenza che sono un emblema dell’Italia che prova a farcela ma sbatte contro il muro d’acciaio degli interessi dei pochi. La vicenda kafkiana di un uomo nel giusto schiacciato da un meccanismo capace di stritolare chi prova a mettersi di traverso, anche solo per difendere se stesso, il proprio lavoro, i principi in cui crede.

Cearpes, centro di eccellenza bollato come lager: tutti assolti

Cearpes, centro di eccellenza bollato 

come lager: tutti assolti


Ci sono voluti nove anni per arrivare alla verità. Anni difficili per 32 lavoratori travolti da accuse assurde, cancellati infine da una sentenza che suona così: assolti con formula piena. Maltrattamenti, botte, violenze, sequestri di persona: nulla di tutto questo si è mai verificato nella cooperativa Cearpes, oggi gestita dalla coop Lilium, che da anni si occupa di adolescenti con problemi psichiatrici a San Giovanni Teatino.
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Aveva destato clamore la vicenda di questa struttura, che nel 2005 aveva fatto gridare frettolosamente allo scandalo i soliti benpensanti, fomentati dall'incessante opera denigratoria dei media. Ma Cearpes non era affatto un lager, dunque, al contrario, come hanno dimostrato non solo i tanti anni di lavoro 'sul campo', ma anche le decine di testimonianze e di atti emersi durante il processo, si tratta un centro di assistenza dove quei ragazzi, provenienti da tutta Italia, venivano accolti e assistiti nel migliore dei modi.
'Il fatto non sussiste', e quei 32 operatori, in poche parole, stavano semplicemente svolgendo il loro lavoro. Così, in sintesi, ha sentenziato con formula piena il giudice Patrizia Medica, dando ragione ai 32 imputati assistiti da un drappello di avvocati. Dopo una lunga attesa, ha avuto quindi ragione la linea difensiva, che può essere sintetizzata dalla memoria dell'Avv. Dante Angiolelli:
L'impostazione accusatoria, portata a conoscenza della pubblica opinione fin dall'inizio delle indagini, attraverso notizie filtrate agli organi di stampa ed amplificata in maniera devastante dall'attività propalatrice dei mass media, ha condotto alla mistificante e falsa rappresentazione della Comunità Cearpes, come una sorta di comunità degli orrori ovvero come un lager e luogo di torture, violenze e maltrattamenti per sventurati minori. Tutto ciò è risultato nettamente e clamorosamente smentito e contraddetto dalle univoche risultanze probatorie e processuali, le quali hanno dimostrato che invece l'attività della Società Cooperativa Cearpes è stata svolta in maniera altamente professionale e del tutto inappuntabile, a tutela e nell'interesse dei minori da essa ospitati, con scrupolo, sacrificio e dedizione continuativi ed indefessi sia da parte dei vertici e dirigenti di detta Cooperativa, che da parte dei collaboratori e dipendenti ( assistenti, educatori, operatori ecc.), con risultati terapeutici di significativa rilevanza positiva per i minori stessi, affetti da gravi patologie psichiatriche, tramite l'ausilio costante di specialisti e professionisti di primissimo ordine. Contrariamente a quanto si assume nelle ipotesi accusatorie, da parte sia dei vertici e dirigenti della Società Cooperativa Cearpes come pure da parte dei collaboratori, educatori ed operatori di essa, sono stati assicurati il migliore e più appropriato trattamento, cura e terapia dei minori alla medesima affidati, tanto da meritare alla medesima Cooperativa Cearpes l'accredito di un centro di eccellenza a livello nazionale in tali peculiari attività.
In sede di dibattimento in aula, significativa è stata la testimonianza del noto criminologo Francesco Bruno, nominato consulente della difesa. Il prof. Bruno ha ribadito con quanta attenzione, cura e dedizione si operasse all'interno della struttura: "Sono pervenuto alle conclusioni che la Cearpes disponesse di una serie di regolamenti, norme molto precise rispettate in maniera addirittura ossessiva." Analoghe attestazioni di stima e apprezzamento nei riguardi dell'opera svolta dalla Cearpes sono arrivate da parte di tanti medici specialisti in psichiatria, professionisti di chiara fama come il prof.Massimo Di Giannantonio e molti altri.

L’elenco degli assolti è lungo, ma la nostra testata ritiene doveroso pubblicarlo, in quanto è giusto che
, dopo la gogna mediatica alla quale sono stati sottoposti per anni, tutte queste persone abbiano, com'è loro diritto, la soddisfazione di veder riconosciuta pubblicamente la loro dignità, umana e professionale: 
Dominique Quattrocchi, 52 anni, nato a Anncey (Francia) e residente a San Giovanni Teatino; Fulvio Iosi, 48, nato a Foggia e residente a San Giovanni Teatino; Fioralba Ferrante, 38, nata a Chieti e residente a Torrevecchia Teatina; Franco Tambone, 39 anni, di Pescara; Francesco Vergato, 40, nato a Salerno e residente a Collecorvino (Pescara); Francesca Ficorilli, 32, di Sulmona (L’Aquila); Marco Pierdomenico, 42, nato a Chieti e residente a Casalincontrada; Antonio Potere, 35, nato a Pescara e residente a Manoppello (Pescara); Vittorio Lupinetti, 43 anni, nato a Chieti e residente a Città Sant’Angelo (Pescara); Ernesto Caranci, 37, nato a Venafro (Isernia) e residente a Pescara; Nadir Scilinguo, 34, nato a Lungro (Cosenza) e residente a Pescara; Giuseppina Armideo, 56, di Fara San Martino; Filomena Pantalone, 33, nata a Chieti e residente a Ripa Teatina; Maria Gabriella Cianci, 52, di Pescara; Stefania Nunziata, 34, nata a Napoli e residente a Palma Campania (Napoli); Annarita D’Alberto, 53, di Pescara; Dario Rosato, 34, di Guardiagrele; Roberto Rascato, 36, nato a Sorrento (Napoli) e residente a Lanciano; Giovanni Castriotta, 45, nato a Manfredonia (Foggia) e residente a Chieti; Cristina Masci, 29, di Pescara; Ileana Faieta, 39, nata a Pescara e residente ad Alanno (Pescara); Shyqyri Ceka, 48, nato a Tirana (Albania) e residente a Montesilvano (Pescara); Luigi Russo, 32, nato a Terlizzi (Bari) e residente a Ruvo di Puglia (Bari); Massimiliano D’Onofrio, 35, nato a Ortona e residente a Francavilla al Mare; Valeria Argentieri, 39, nata a Popoli
(Pescara) e residente a Torre de’ Passeri (Pescara); Annarita Coletti, 45, di Bussi sul Tirino (Pescara); Francesco Savino Lasala, 38, di Barletta; Umberto Di Rocco, 48, di Pescara; Marco Vignetti, 39, di Pescara; Vincenzo Panzella, 45, nato a Yverdon (Svizzera) e residente a Casoli; Francesco Covella, 38, nato a Chieti e residente a Torrevecchia Teatina e Andrea Lepore, 44 anni, di Chieti.

“Nove petali di loto”… il caso Cearpes diventa una piece teatrale giornaledimontesilvano

“Nove petali di loto”… il caso Cearpes diventa una piece teatrale 

                                                    giornaledimontesilvano



Intrattenimento/

80 minuti, 6 attori in scena ed un progetto tra cinema e teatro che vede la firma dell’attore e regista Milo Vallone e di Luca Pompei. Mercoledì 22 ottobre a Pescara l’anteprima nazionale dello spettacolo - Un’operazione-verità sul cortocircuito giudiziario-politico-mediatico che si è abbattuto sulla cooperativa CEARPES sociale abruzzese, "il dovere di raccontare la nostra storia e di chiedere una completa riabilitazione dei nostri nomi".

9 anni di processi per l’assoluzione con formula piena di 32 imputati da tutte le accuse. Nel frattempo Cearpes – che contava 90 dipendenti, 50 ospiti e 5 milioni di fatturato - è stata azzerata. Oltre 70 famiglie buttate sul lastrico dalla malagiustizia, la cattiva politica e l’eco dei media. A tutela di tutte le vittime nasce ora l’associazione Amici di Cearpes Onlus.
Pescara, lunedì 20 ottobre 2014 – Si è tenuta oggi la conferenza stampa di presentazione di “Nove petali di Loto,” l’opera di cine-prosa di Milo Vallone (testo di fantasia liberamente ispirato) che debutterà in prima nazionale a Milano il 5 novembre e che avrà la sua Anteprima al Teatro Massimo di Pescara mercoledì 22 ottobre alle ore 21,00.
Dalla vicenda paradossale e kafkiana di Cearpes e del suo Presidente Dominique Quattrocchi nasce uno spettacolo che affronta i temi scottanti del potere, della relazione con le istituzioni, la burocrazia…dei rapporti tortuosi tra chi agisce e chi gestisce.

Proprio a Pescara l’anteprima di una tournée nazionale volta, attraverso una pièce che si colloca nell’ambito della migliore tradizione del teatro civile italiano, a far conoscere un caso fortemente emblematico di tante vicende italiane.
80 minuti, 6 attori in scena ed un progetto tra cinema e teatro che vede la firma dell’attore e regista Milo Vallone e di Luca Pompei.
"“Nove petali di Loto” è un testo di fantasia, liberamente ispirato ad una storia vera. Già nel titolo c’è la metafora che vogliamo raccontare: il fiore di loto è un fiore bellissimo ma la sua esistenza non è così facile. Quando inizia a germogliare, si trova sotto l'acqua sporca di laghi o piccoli stagni, circondato da fango e melma e tormentato da pesci e insetti. Ma il fiore di loto si fa forza e, crescendo, sale verso la superficie dell’acqua. Col tempo lo stelo continua ad allungarsi e il baccello lentamente emerge dall’acquitrino. E’ allora che il loto comincia ad aprirsi, petalo dopo petalo, nell’aria pulita e nel sole – spiega Milo Vallone regista, attore e coautore di questa pièce della memoria. – Lo spettacolo segue il progetto CineprOsa, un modello di realizzazione che vede l’incontro e l’intreccio tra i linguaggi teatrali e quelli cinematografici, ne nasce così un vero e proprio cine-spettacolo che vede un continuo rimbalzo narrativo tra palco e schermo".
Un affresco drammatico, liberamente tratto da una vicenda che ha fatto scalpore e continua a farlo per l’evidenza di quegli elementi di malaffare, di superficialità e violenza che sono un emblema dell’Italia che prova a farcela ma sbatte contro il muro d’acciaio degli interessi dei pochi. La vicenda kafkiana di un uomo nel giusto schiacciato da un meccanismo capace di stritolare chi prova a mettersi di traverso, anche solo per difendere se stesso, il proprio lavoro, i principi in cui crede.
Dopo 9 anni ora si cerca di ristabilire una verità accertata sul piano giudiziario ma ancora lontana dall’essere abbracciata appieno da una comunità troppo spesso sviata e sconvolta da notizie parziali, sensazionalistiche e spesso prive di fondamento.

"La nostra struttura era un punto di riferimento in Italia per l’accoglienza di minori con gravi e gravissimi disagi socio-comportamentali. In pochi giorni siamo diventati degli orchi, un’ associazione a delinquere ed i segni di un calvario giudiziario ed umano durato 9 anni, pure con la completa assoluzione di tutti gli imputati, ci sono rimasti impressi sulla pelle. – spiega Dominique Quattrocchi, fondatore della cooperativa C.E.A.R.P.E.S. – Nessuno si è preso la briga di chiedere scusa per un errore giudiziario che ha messo in ginocchio 70 famiglie per bene e aumentato a dismisura le difficoltà dei ragazzi nostri ospiti. Ed ora che abbiamo ottenuto giustizia crediamo di avere il dovere di raccontare la nostra storia e di chiedere una completa riabilitazione dei nostri nomi, del nostro passato, del nostro lavoro. Ancora una volta occorre poi sottolineare come, oltre a noi operatori, sono stati loro, i ragazzi, le vittime di una macchina del fango che ha spazzato via la struttura che li ospitava, li ha costretti a tornare al loro disagio, in circostanze percepite come ostili, creando loro ansia e fomentando la sensazione di inadeguatezza e insicurezza che li aveva condotti verso la necessita di un’assistenza".

Alla conferenza stampa sono intervenuti il Prof. Francesco Bruno, psichiatra e criminologo; Dominique Quattrocchi, fondatore di Cearpes; Milo Vallone, attore e regista; Nello Bologna, responsabile campagna #amicidicearpes.

Cearpes, nessun lager. Il tribunale assolve 32 operatori

Cearpes, nessun lager. Il tribunale assolve 32 operatori

Ci sono voluti nove anni per arrivare alla verità. Anni difficili per 32 lavoratori travolti da accuse assurde, cancellati infine da una sentenza che suona così: assolti con formula piena. Maltrattamenti, botte, violenze, sequestri di persona: nulla di tutto questo si è mai verificato nella cooperativa Cearpes, oggi gestita dalla coop Lilium, che da anni si occupa di adolescenti con problemi psichiatrici a San Giovanni Teatino.
Aveva destato clamore la vicenda di questa struttura, che nel 2005 aveva fatto gridare frettolosamente allo scandalo i soliti benpensanti, fomentati dall’incessante opera denigratoria dei media. Ma Cearpes non era affatto un lager, dunque, al contrario, come hanno dimostrato non solo i tanti anni di lavoro ‘sul campo’, ma anche le decine di testimonianze e di atti emersi durante il processo, si tratta un centro di assistenza dove quei ragazzi, provenienti da tutta Italia, venivano accolti e assistiti nel migliore dei modi.
‘Il fatto non sussiste’, e quei 32 operatori, in poche parole, stavano semplicemente svolgendo il loro lavoro. Così, in sintesi, ha sentenziato con formula piena, lo scorso gennaio il giudice Patrizia Medica, dando ragione ai 32 imputati assistiti da un drappello di avvocati. Dopo una lunga attesa, ha quindi avuto ragione la linea difensiva, che può essere sintetizzata dalla memoria dell’Avv. Dante Angiolelli:
La impostazione accusatoria, portata a conoscenza della pubblica opinione fin dall’inizio delle indagini, attraverso notizie filtrate agli organi di stampa ed amplificata in maniera devastante dall’attività propalatrice dei mass media, ha condotto alla mistificante e falsa rappresentazione della Comunità Cearpes, come una sorta di comunità degli orrori ovvero come un lager e luogo di torture, violenze e maltrattamenti per sventurati minori. Tutto ciò è risultato nettamente e clamorosamente smentito e contraddetto dalle univoche risultanze probatorie e processuali, le quali hanno dimostrato che invece l’attività della Società Cooperativa Cearpes è stata svolta in maniera altamente professionale e del tutto inappuntabile, a tutela e nell’interesse dei minori da essa ospitati, con scrupolo, sacrificio e dedizione continuativi ed indefessi sia da parte dei vertici e dirigenti di detta Cooperativa, che da parte dei collaboratori e dipendenti ( assistenti, educatori, operatori ecc.), con risultati terapeutici di significativa rilevanza positiva per i minori stessi, affetti da gravi patologie psichiatriche, tramite l’ausilio costante di specialisti e professionisti di primissimo ordine. Contrariamente a quanto si assume nelle ipotesi accusatorie, da parte sia dei vertici e dirigenti della Società Cooperativa Cearpes come pure da parte dei collaboratori, educatori ed operatori di essa, sono stati assicurati il migliore e più appropriato trattamento, cura e terapia dei minori alla medesima affidati, tanto da meritare alla medesima Cooperativa Cearpes l’accredito di un centro di eccellenza a livello nazionale in tali peculiari attività.
In sede di dibattimento in aula, significativa è stata la testimonianza del noto criminologo Francesco Bruno, nominato consulente della difesa. Il prof. Bruno ha ribadito con quanta attenzione, cura e dedizione si operava all’interno della Cearpes: ” Sono pervenuto alle conclusioni che la Cearpes disponesse di una serie di regolamenti, norme molto precise rispettate in maniera addirittura ossessiva.” Analoghe attestazioni di stima e apprezzamento nei riguardi dell’opera svolta dalla Cearpes sono arrivate da parte di tanti medici specialisti in psichiatria, professionisti di chiara fama come il prof. Massimo Di Giannantonio e molti altri.
L’elenco degli assolti è lungo, ma la nostra testata ritiene doveroso pubblicarlo, in quanto è giusto che, dopo la gogna mediatica alla quale sono stati sottoposti per anni, tutte queste persone abbiano, com’è loro diritto, la soddisfazione di veder riconosciuta pubblicamente la loro dignità, umana e professionale:
Dominique Quattrocchi, 52 anni, nato a Anncey (Francia) e residente a San Giovanni Teatino; Fulvio Iosi, 48, nato a Foggia e residente a San Giovanni Teatino; Fioralba Ferrante, 38, nata a Chieti e residente a Torrevecchia Teatina; Franco Tambone, 39 anni, di Pescara; Francesco Vergato, 40, nato a Salerno e residente a Collecorvino (Pescara); Francesca Ficorilli, 32, di Sulmona (L’Aquila); Marco Pierdomenico, 42, nato a Chieti e residente a Casalincontrada; Antonio Potere, 35, nato a Pescara e residente a Manoppello (Pescara); Vittorio Lupinetti, 43 anni, nato a Chieti e residente a Città Sant’Angelo (Pescara); Ernesto Caranci, 37, nato a Venafro (Isernia) e residente a Pescara; Nadir Scilinguo, 34, nato a Lungro (Cosenza) e residente a Pescara; Giuseppina Armideo, 56, di Fara San Martino; Filomena Pantalone, 33, nata a Chieti e residente a Ripa Teatina; Maria Gabriella Cianci, 52, di Pescara; Stefania Nunziata, 34, nata a Napoli e residente a Palma Campania (Napoli); Annarita D’Alberto, 53, di Pescara; Dario Rosato, 34, di Guardiagrele; Roberto Rascato, 36, nato a Sorrento (Napoli) e residente a Lanciano; Giovanni Castriotta, 45, nato a Manfredonia (Foggia) e residente a Chieti; Cristina Masci, 29, di Pescara; Ileana Faieta, 39, nata a Pescara e residente ad Alanno (Pescara); Shyqyri Ceka, 48, nato a Tirana (Albania) e residente a Montesilvano (Pescara); Luigi Russo, 32, nato a Terlizzi (Bari) e residente a Ruvo di Puglia (Bari); Massimiliano D’Onofrio, 35, nato a Ortona e residente a Francavilla al Mare; Valeria Argentieri, 39, nata a Popoli (Pescara) e residente a Torre de’ Passeri (Pescara); Annarita Coletti, 45, di Bussi sul Tirino (Pescara); Francesco Savino Lasala, 38, di Barletta; Umberto Di Rocco, 48, di Pescara; Marco Vignetti, 39, di Pescara; Vincenzo Panzella, 45, nato a Yverdon (Svizzera) e residente a Casoli; Francesco Covella, 38, nato a Chieti e residente a Torrevecchia Teatina e Andrea Lepore, 44 anni, di Chieti.